4° Episodio - Attività Agonistica con CLT (Perfezioni Tecniche dell'arma)

ATTIVITÀ AGONISTICA CON CLT

Perfezioni Tecniche dell'arma


Certamente oggi nessuno può ricordare che nell’anno 1965, e anni antecedenti, nelle specialità di tiro comprese ai Campionati italiani non esisteva la specialità di tiro con C.L. 60 colpi a Terra. Questa specialità di tiro fu sempre presente alle Olimpiadi moderne, ma non era praticata in Italia.

Il Pres. UITS di allora, Gen. G. Gatta non riteneva di dover ammettere tale specialità di tiro ai Campionati Italiani in quanto, a suo dire, la gara di C.L.T. la riteneva una gara “di fortuna”. Il Gen. Gatta che ho conosciuto molto bene, e che mi stimava molto per la mia preparazione tecnica, era una persona onestissima, che si prodigò molto per lo sviluppo del Tiro a Segno in Italia. Tuttavia riguardo alle tecniche di tiro era proprio sprovveduto. Per cui mi diedi da fare per convincerlo che la mancanza di questa specialità ai Campionati Italiani era una lacuna da colmare. Le mie argomentazioni furono accolte dalla Commissione tecnica, e la specialità di CLT fu inclusa dal 1965 fra le specialità di tiro dei Campionati Italiani. Le motivazioni che portai furono non solo di carattere tecnico, ma anche di opportunità pratica. Infatti i punteggi dei nostri tiratori di carabina nelle tre posizioni erano allora nettamente inferiori a quelli esistenti in campo internazionale; mentre puntando sulla posizione di tiro a terra avremmo potuto, a mio giudizio, raggiungere più rapidamente i punteggi necessari per competere in campo internazionale. I fatti mi diedero ragione, in quanto la squadra nazionale conquistò in pochi anni dopo a Phoenix la medaglia d’oro a squadre ai Campionati del Mondo. Questa fu la conferma che avevo visto giusto nella scelta tecnica adottata quattro anni prima.

A questo punto concedetemi di aprire una parentesi personale.

La specialità di tiro a terra è sempre stata la mia passione, anche perché nella posizione di tiro in piedi non riuscivo a competere coi migliori. Infatti le mie braccia piuttosto corte non mi consentivano di assumere un corretto bilanciamento dell’arma e una buona stabilità. Nella posizione di tiro a terra invece era determinante la “tecnica” e averi potuto mettere in pratica quanto avevo imparata alla scuola di tiro di Wiesbaden.

Devo aggiungere che il tiratore Franco Berti dell’armeria “Bignami” di Bolzano mi procurò nel 1967 una carabina Anschutz mod.54 con canna selezionata, con la quale vinsi i Campionati Italiani nel 1971 stabilendo il primato italiano con punti 598 su 600.

All’inizio del 1972 fui a Ulm presso la “Anschutz” come tiratore della Nazionale e come tecnico della UITS. Partecipai con l’assistenza di una interprete ad una riunione tecnica insieme con Dieter Anschutz, dove si discuteva della opportunità o meno di mantenere la linea di mira nella carabina aderente alla canna, per ridurre gli errori di tiro dovuti alle variazioni dell’inclinazione dell’arma impugnata dal tiratore. In quella sede un tecnico presente riferì che il campione americano Anderson, allora frequentatore della scuola di tiro di Wiesbaden, aveva eseguito prove di tiro con linee di mira più o meno alte sull’asse della canna, raggiungendo la conclusione, che le diverse altezze della linea di mira non influivano sull’entità dell’errore. Tuttavia non esistevano ancora dimostrazioni teoriche che confermassero le sue prove.

Ritornato in Italia e facendo ricorso alle mie nozioni di fisica tecnica e di balistica mi fu possibile dimostrare che il tiratore Anderson aveva ragione. Lo studio completo del problema fu pubblicato sulla rivista “TacArmi” sul numero di Maggio del 1974. E non fu una disquisizione puramente teorica, dal momento che da allora tutti i tiratori hanno alzato la linea di mira nella carabina per migliorare la posizione della testa rispetto all’arma.

Chiedo scusa se sono io a ricordare questi particolari, dal momento che la UITS non lo ha mai fatto, né ha mai riconosciuto il valore tecnico dei miei studi.

Dal momento che il Pres. Orati volle istituire una scuola di tiro di “alta specializzazione”, i miei studi presso il centro didattico avrebbero dovuto essere raccolti almeno come documentazione storica. Per quanto riguarda poi “l’alta specializzazione” dei tecnici UITS, ho seri dubbi sulla qualità della loro preparazione tecnica.

Volendo approfondire un altro importante argomento tecnico riguardante le carabine cal.22, vi racconterò ora come sono diventate di uso comune le “chiavi dinamometriche” per il serraggio della meccanica sulla cassa della carabina. In occasione della mia visita a Ulm presso la Anschutz, il loro tecnico addetto alle prove balistiche smontò la mia carabina per eseguire le prove di tiro con la canna montata sul loro banco di prova. E a prova ultimata io controllai che le viti di serraggio della meccanica sulla cassa fossero strette nel modo che io conoscevo. Dieter mi chiese il motivo del mio atteggiamento così scrupoloso, ed io gli feci notare che una diversa stretta delle viti avrebbe comportato una variazione della rosata di tiro. Il capotecnico Sig. Maier si riservò di verificare le mie affermazioni. L’anno seguente, durante la gara internazionale di Milano, Maier mi confermò che avevo ragione, e dal 1974 le carabine Anschutz furono dotate di viti di serraggio a brugola con la relativa chiavetta, che consentiva di regolare la stretta delle viti mediante il peso stesso dell’arma. E fu così che i tiratori più scrupolosi cominciarono ad usare una chiave dinamometrica, predisponendo la coppia di serraggio delle viti. Al giorno d’oggi non c’è più alcun tiratore agonista che non si dotato di una chiave dinamometrica adatta allo scopo. Rimane poi tutto da vedere se i tiratori sappiano usarla in maniera corretta, dal momento che bisognerebbe conoscere quali siano le caratteristiche dei materiali che causano lo smorzamento delle vibrazioni della canna al momento dello sparo. 

Ma a questo argomento è necessario dedicare un’altra puntata.

E sarà necessario che io usi un linguaggio semplice, che sia accordato sulla lunghezza d’onda di coloro che lo devono capire.

Prima regola didattica: farsi capire !! . 

 

Il Presidente Ing. Umberto Lodi